lunedì 25 agosto 2008

Platone e l'informatica

Se, dunque, sempre la verità degli esseri è nella nostra anima, l'anima dovrà essere immortale. Sicché bisogna mettersi con fiducia a ricercare ed a ricordare ciò che attualmente non si sa: questo è infatti ciò che non si ricorda.

Socrate in Menone


Uno degli snodi fondamentali della filosofia occidentale è sicuramente il Menone di Platone. E nel Menone di Platone, uno degli snodi fondamentali è il dialogo con lo schiavo, in cui Socrate porta lo schiavo a derivare la lunghezza della diagonale di un quadrato - più precisamente: lo porta a costruire un quadrato di area doppia rispetto ad un quadrato dato.

L'argomento successivo di Platone, presentato da Socrate, è il seguente: lo schiavo ha dedotto, senza che Socrate gliela esplicitasse, la soluzione del problema. Quindi la soluzione del problema era già in lui. Quindi le idee preesistono l'individuo, e il conoscere equivale al ricordare.

Cambiamo scenario. In informatica si distingue fra due maniere in cui un programma contiene informazioni: dichiarativa o procedurale. Nel primo modus, un'informazione è registrata esplicitamente nel programma. Per esempio, un programma in cui sia registrata una lista di capitali sa, in maniera dichiarativa, che la capitale della Germania è Berlino. Da qualche parte nel programma c'è una funzione e questa funzione contiene come valore della nazione Germania la città Berlino. La maniera procedurale invece è diversa: una calcolatrice sa, in maniera procedurale, che 12 x 12 = 144. Ovviamente questa informazione non è registrata da nessuna parte nella calcolatrice: invece è registrata la maniera in cui ottenere tale risultato.

Trasportando questo ragionamento all'uomo. Io so in maniera dichiarativa che il compleanno di mio fratello è il 27 settembre, e conosco in maniera procedurale i massimi della funzione sin²(x). Ragionando un po', si capisce come i risultati matematici siano spesso registrati in maniera procedurale nella mente.

Se Platone avesse conosciuto o formalizzato questa differenza, avrebbe notato che quello che dimostra Socrate non è la preesistenza delle idee, ma la possibilità umana di accedere alla propria memoria procedurale.

E io aggiungo: questa possibilità tutta umana è, finora, negata ai computer.

venerdì 15 agosto 2008

Piani

"A man's real possesion is his memory. In nothing else is he rich, in nothing else is he poor." ~ Alexander Smith, Dreamthorp

Delle molte ipotesi circa vari aspetti della memoria, prendiamone una recente e fin troppo interessante.
L'ipotesi é di Daniel Schacter, uno dei piú noti studiosi della memoria dal punto di vista neuropsicologico: la memoria gioca un ruolo centrale nella pianificazione delle azioni.
La base ideologica ha a che fare con l'apprendimento: se imparo qualcosa, operazione per cui é necessaria la memoria a lungo termine, posso modificare il mio comportamento in accordo a quanto ho imparato. La base scientifica viene dall'imaging digitale con il quale si é riscontrato che le aree del cervello attive durante la memorizzazione e la pianificazione (o l'immaginazione pura e semplice di scenari futuri) sono largamente sovrapposte. Ulteriore sostegno sperimentale é garantito dall'osservazione che il normale invecchiamento impoverisce tanto la ricchezza e l'accuratezza della memorizzazione, quanto la ricchezza e il dettaglio della pianificazione.
Per giustificare questi dati é stata avanzata l'ipotesi di cui sopra: il futuro si pianifica sfruttando risorse mnemoniche. Ci sono delle alternative, naturalmente: le aree possono contenere popolazioni neuronali distinte con ruoli diversi e la risoluzione dell'imaging non é sufficiente a individuarle (un caso simile si é verificato per le cellule dell'ippocampo); é stato seguito un approccio sperimentale insufficiente a rivelare l'attivazione di alcune aree (es.: la condizione di riposo era inadeguata: con questi processi cognitivi grossolani non é mai facile districarsi. Questa ipotesi é studiata da una mia collega di dipartimento, che ha cambiato approccio, con risultati non entusiasmanti ma neppure trascurabili); ancora, le memorie e i piani condividerebbero un circuito comune, ad esempio quello necessario a creare uno scenario mentale oppure quello del mental time travel (leggete Tulving se volete approfondire). E via discorrendo, con: é nata prima la memoria o il piano? Ci sono legami evolutivi? Come viene determinata la dimensione temporale nel cervello? etc...

Da parte mia vorrei fare un'osservazione di carattere non strettamente cognitivo, quanto piuttosto emozionale/motivazionale. Pensate ai luoghi/tempi di cui avete molte memorie, e paragonateli con quelli che vi hanno lasciato molto poco. Perché vi hanno dato poco? Forse é solo una questione di durata temporale? Forse per via di brutte esperienze? Forse non le avete condivise con nessuno e lentamente questi momenti sono annegati nell'oblio? Forse la vostra attenzione era concentrata altrove, sul lavoro, o su altri problemi?
Qualunque siano i motivi di questa cattiva memorizzazione, forse descriverete quel momento della vostra vita come "vuoto", "poco importante", "grigio", "brutto", o vi sentirete semplicemente derubati. E qui viene la citazione di apertura: non abbiamo che la nostra memoria (immaginate un po' la vita di un amnesico...)
E ora: vorreste tornare in quel momento "grigio"? In quel posto? A quei giorni? Ne avete voglia? Provate nostalgia?
Personalmente, questo si applica ai mesi trascorsi in questa cittá: finora hanno avuto poco da dire. E non é curioso che in assenza di nostalgia non prendano vita neppure aspettative di alcun genere? Serve un passato pieno per avere un futuro pieno? Che sentimento é la nostalgia, che non fa parte di paura, rabbia, disgusto, gioia, insomma delle emozioni basilari? Che ruolo ha nella nostra vita? Come si é evoluto? Quali sono i mattoni cognitivi per l'instaurarsi del benessere? Il modo in cui giudichiamo il passato influenza il futuro? Come? Influiamo sulla nostra felicitá con il nostro raziocinio?
Buone vacanze.