Tempo fa mi è stata posta questa domanda. Ne è nata, più o meno, la seguente lettera rivolta ad un'amica:
...
L'empatia, come forse avrai letto già mille volte, è "la capacità di mettersi nei panni degli altri". Cosa vuol dire questo esattamente? Lo sai già? Cosa mi risponderesti se ti chiedessi qual è la differenza tra empatizzare con una persona e invece semplicemente capire quali sono i suoi sentimenti?
...pensato?
Ebbene: quando si "capisce" qualcosa in genere si diventa in qualche modo capaci di dargli un senso, di metterlo in relazione logica con quanto succede e/o con ciò che conosciamo. Fai finta di sentire un
-"Ahia!!!", e subito guardare lo sfortunato esclamatore con aria interrogativa
-"...mi sono appena morso la lingua", egli ti risponderà
Immagina la risposta pronunciata con una voce da bimbo, ed una smorfia buffa. Potresti scoppiare a ridere magari. Immaginala invece ora pronunciata con un tono di voce addolorato, e con una seria e reale espressione di dolore sul viso. In quel caso probabilmente non solo non riderai, ma quasi sentirai anche tu il dolore.
Perché? Come spiegare queste due reazioni opposte ad uno stesso avvenimento? Perché nel primo caso rideresti, e nel secondo invece con tutta probabilità staresti un po' male anche tu?
Semplice: a dispetto dell'evento del morso "in sé" empatizzare con la reazione emotiva del bambino porterà a due reazioni proprie diverse. Dopo aver empatizzato potrai attuare magari una reazione pensata all'avvenimento, ad esempio se fossi una mamma soccorrere lo sfortunato, oppure intimargli una maggiore attenzione. Insomma, potrai pensare razionalmente a quanto succede, in qualche modo "capirlo", e mettere in atto una reazione mediata dalla nuova comprensione così raggiunta.
Cmq insomma: quando si empatizza dapprima non si capisce davvero ciò che sta succedendo. Si vive invece ciò che sta vivendo l'altro e basta, si prende in qualche modo su di sé la sua emozione, il suo vissuto. In genere però un'emozione empatizzata è più tollerabile di una che invece viene vissuta in prima persona, è più tenue, più facilmente gestibile.
E' utile che le persone imparino ad empatizzare? Direi proprio di sì. Per esempio in letteratura tipicamente si trova che i criminali più efferati e pericolosi "non sentono" il dolore delle loro vittime. Quando anzi si riesce a metterli in contatto con questo dolore si aprono delle strade per un cambiamento della loro condotta criminosa. In generale sentire sulla propria pelle il dolore di un altro è uno stimolo più forte a dargli una mano di quanto non sia capirlo e basta. Quando un evento doloroso ci colpisce in prima persona è ben più difficile ignorarlo o ancor peggio approfittarne per il proprio tornaconto personale.
E perciò, insomma...
...non sarebbe bello poter insegnare l'empatia un po' a tutti?
P.S.: in realtà il concetto di empatia in psicologia va oltre il semplice provare l'esperienza altrui e comprende ad esempio anche la capacità di farlo in maniera consapevole (a differenza per esempio di quanto succede nel "contagio emotivo") e non giudicante (a differenza di quanto succede ad esempio nella "compassione"). A chi volesse approfondire il concetto raccomando la voce "empathy" su Wikipedia in lingua inglese (quella italiana mi sembra attualmente insufficiente e poco chiara).
Ancora, non è affatto detto che tutti utilizzino l'empatia come metodo principale per arrivare alla comprensione degli altri, ed anzi ci sono studiosi che rigettano completamente il concetto di empatia per come esso viene attualmente concettualizzato ed utilizzato in psicologia.
martedì 19 luglio 2011
Iscriviti a:
Post (Atom)