mercoledì 30 gennaio 2013

Essere situati emotivamente, Medesimezza & Ipseità, Storia & Racconto


Essere situati emotivamente

Essere situati emotivamente. Si fa presto a dirlo. Ma quale essere? L'essere delle cose, indagato dalle scienze naturali? O l'essere vivente, in particolare umano? Si va infatti dal regno della passività più completa, ad un inizio di azione autonoma (o forse scherzandoci su tonoma, dato che la sua autonomia sarebbe da discutere), fino all'essere dotato del linguaggio, di un simbolo, unione, che si incarna nell'essere in un modo del tutto peculiare, aprendo nuovi scenari. Proviamo a considerare le cose delle scienze naturali. In esse non c'è e-mozione, muoversi-da lo scenario attuale, dal presente intenzionato e implicante ritenzioni e protenzioni proprie verso l'oltre sé stessi. E' guardando ai viventi che possiamo assistere invece a questi fenomeni, che possiamo cogliere l'essere come accadere. E' in essi che troviamo l'evidenza (non a caso considerata da molti soprannaturale per quanto è stupefacente) di un accadere continuo e che continuamente si muove di volta in volta oltre sé stesso.
Ma su che cosa si fonda questo fenomeno? Molti nel corso dei secoli si sono rivolti al linguaggio ed all'ordine razionale che esso schiude per dare una risposta a questa domanda. Molto in effetti ci sarebbe da dire e da scoprire rispetto al linguaggio, o sull'evoluzione storica del concetto prima greco-latino e poi cristiano di logos, concetto ancora più ampio rispetto a quello di linguaggio e che però per molti versi lo comprende. Fatto sta che con l'avvento della scrittura prima e della metafisica poi (e da lì ad arrivare al neopositivismo moderno) è nel linguaggio e nella rassicurante razionalità che esso schiude che l'uomo ha visto la fonte principale del significato dell'essere, ed in particolare del proprio essere. Un essere pensato come di cosa, dato ed idealmente già compiuto fin dal suo sorgere in poi in virtù delle leggi naturali che da quel momento in avanti lo determinano. In quest'ottica le emozioni non sono allora nient'altro che un'altra di queste leggi, di queste regole naturali. Esse indicherebbero una necessità. Ma ciò che risalta agli acchi dell'osservatore di un essere vivente sono al contrario le sue potenzialità. E se alcune di esse si giocano nella razionalità del linguaggio, altre si giocano invece preriflessivamente, nell'uomo in quanto essere vivente emotivamente situato. Che cosa significa allora essere situati emotivamente? Significa che ciò che alcuni vedono come un essere determinato da regole solipsistiche, oppure interamente dall'appartenenza ad un dato mondo sociale, è in realtà un essere-nel-mondo che di volta in volta accade in un corpo proprio. Un essere che non si trova situato nel mondo allo stesso modo di una cosa, ma che invece momento per momento incontra in esso delle possibilità che si schiudono in virtù della significatività che esso assume accadendo in coincidenza con il proprio essere emotivo.

Medesimezza e Ipseità

Da quanto abbiamo detto possiamo cominciare a comprendere  in quale senso si possa dire che di volta in volta il proprio essere si riflette nel mondo in cui siamo, e viceversa. Si tratta di una riflessione quasi ottica, di diffrazione, in cui le tonalità emotive permettono di volta in volta una nuova accordatura col mondo. Come è stato detto, "discendiamo e non discendiamo mai due volte nello stesso fiume". Questo accadere di volta in voltà è l'ipseità. Adesso, facciamo un passo avanti. Sebbene l'ipseità accada di volta in volta di nuovo, essa incontra di volta in votla anche cose ben più stabili. Ad esempio la società o la famiglia in molti casi determinano l'accadere di esperienze ricorrenti, o quanto meno che ricorrono con una certa regolarità. Si pensi all'allattamento, o al cambio del pannolino. Si tratta di eventi in cui un neonato essere vivente si trova ed ha la possibilità di ritrovarsi a partire dalla nascita e poi da lì in poi per un considerevole lasso di tempo. Ma potremmo considerare anche il ricorrere di determinate voci o sostanze nutritive durante la vita intrauterina. In ognuno di questi eventi è in gioco l'Ipseità, l'accadere di volta in volta. In alcuni di essi però, magari perché ricorrenti, ci si può più o meno ri-trovare, ci si può ri-scoprire di nuovo estremamente simili a sé stessi. Ed è così che progressivamente tutto quanto il mondo man mano si schiude alle capacità di significazione del bambino e si costituisce in quanto comprensibile. Un bambino all'inizio del proprio accadere non può raccogliere le tracce di questo proprio ri-trovarsi nel linguaggio, ok. Ma che cosa ha invece a disposizione? Quali altre potenzialità si schiudono nel suo essere? Le tonalità emotive. Nell'accadere delle tonalità emotive si schiude la significatività del mondo. Ecco allora che di fronte a degli eventi che ricorrono l'uomo ha già prima del linguaggio delle possibilità in cui ritrovarsi di volta in volta in quanto sé stesso. Egli ha delle possibilità per cui gli si può dischiudere un mondo in un accadere sensato, più o meno accordato rispetto a sé. Il portato del ricorrere di questo ritrovarsi di volta in volta nello stesso modo di fronte allo stesso evento è la Medesimezza. Essa costituisce un primo punto di riferimento, una prima possibilità di accordatura tipica tra sé e il mondo. In questo senso essa è l'opposto dell'Ipseità, che invece è l'accadere di volta in volta nuovo. Nella pratica però esse spesso coincidono, ed anzi è impossibile il costituirsi della Medesimezza senza prima la partecipazione ricorrente in essa dell'Ipseità.

Storia e Racconto

Adesso, una volta messi in luce questi due fenomeni, dobbiamo considerare che l'uomo, come anticipato, non ha soltanto il proprio situarsi emotivo a costituirlo in quanto intenzionato rispetto al mondo. E meno male: quante volte rispetto alle possibilità che ci dischiudono le nostre emozioni siamo in netta difficoltà, e non possiamo andare avanti se non appellandoci alle nostre ed altrui storie? Le emozioni infatti non sempre dischiudono nel presente delle possibilità di azione coerentemente percorribili rispetto ai nostri progetti per il futuro. Ecco allora che di fronte all'ansia che ci assale il giorno prima di un esame possiamo appellarci al racconto interiore dei buoni esiti passati, e insistere e ripetere ugualmente quanto avevamo precedentemente deciso, a dispetto magari della nostra voglia improvvisa di un viaggio di sola andata in Australia. Facciamo allora un piccolo passo indietro. Già il neonato al suo ingresso nel mondo non si trova infatti immerso nella sola significatività emotiva. Il suo accadere corporeo emotivamente situato partecipa infatti ben presto di avvenimenti acustici ripetuti, che lo incontrano assieme agli eventi tattili, visivi, olfattivi, etc. E, progressivamente, egli impara a riconoscersi e a riconoscere il mondo anche rispetto a questi eventi. Essi sono tra gli altri le parole, le frasi, i racconti, le storie dei genitori e degli altri. Da principio legati agli eventi, all'accadere presente nel mondo, anche in essi passando per la propria corporeità il bambino impara a riconoscere sé stesso e il mondo. Anche in essi insomma si ri-trova. E' così che ben presto anche nelle parole comincia a rispecchiarsi la significatività dell'accadere del proprio essere nel mondo. Ecco allora che non stupisce la progressione comune riscontrabile nel costituirsi del proprio cogliersi come agente  nel campo delle azioni e in quello del linguaggio, ovvero la relazione tra la comparsa dell'Io nel linguaggio e il sorgere della capacità di riconoscersi allo specchio. Ed ecco allora che alle tonalità emotive che permettono la nostra accordatura col mondo si accompagna dapprima la possibilità di riconfigurare la propria esperienza presente nel mondo, ed in seguito la possibilità di ritrovarsi all'interno di una storia, di una trama di eventi che si dipana nel tempo e nel mondo simbolico, al di là delle ritenzioni e protenzioni attualizzate nel nostro accadere emotivo. Attenzione però a non collocare le parole a parte, nel dorato mondo delle idee. E' pur sempre nel nostro essere situati emotivamente che si sviluppa e che di volta in volta accade il fenomeno del linguaggio. Ed ecco allora che i diversi modi di raccontarsi, di cogliersi, di appropriarsi di sé all'interno del mondo, si scoprono in qualche modo sempre in relazione al nostro accadere emotivo. Fa differenza ad esempio una accordatura personale più centrata sulle emozioni di base (basic emotions), o sulle emozioni non di base (non-basic emotions). La differenza nelle possibilità di significazione che esse schiudono fa sì che, ad esempio, nelle prime prevalga l'attenzione sul proprio mondo personale, nelle seconde sulla connessione continua con l'alterità. E non è allora probabilmente un caso che poi taluni si raccontino come protagonisti assoluti delle proprie storie, ed altri invece come spettatori nella storia del mondo. E allora la differenza tra storia e racconto si giocherà anche nel modo di comprendere le persone, nello scegliere uno sguardo in terza persona che cerchi di cogliere dall'esterno cosa non ha funzionato in una storia impersonale, data, o al contrario nello scegliere un incontro in prima persona che dia inizio all'accadere ed alla narrazione di un nuovo racconto.





P.S.: questo scritto è nato come svolgimento della prova scritta del primo anno della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia IPRA. Per chi volesse approfondirne le tematiche è consigliata la lettura della seguente Bibliografia:

- G. Arciero, Sulle tracce di sé, Bollati Boringhieri, Torino, 2006
- G. Arciero, G. Bondolfi, Sé, identità e stili di personalità, Bollati Boringhieri, Torino, 2012
- M. Heidegger, Essere e Tempo, Mondadori, Milano, 2011