martedì 24 giugno 2008

Assunzioni e sorprese

La natura ama nascondersi
Eraclito

Quando, da bravi studenti, seguite il vostro corso di Neurobiologia, sembra tutto semplice e ordinato. Ecco alcuni esempi di quello che imparate subito, tutti contenti di poter attribuire nomi, regole e categorie alla Natura (proprio come sta scritto qui):

1. Il cervello ha un 10% di neuroni e il resto sono cellule di supporto, chiamate Cellule della Glia. Ce ne sono di vari tipi, ma essenzialmente nutrono i neuroni, eliminano corpi estranei e il loro unico contributo alle funzioni cerebrali consiste nel rivestire la membrana dei neuroni con un isolante (mielina).

2. Di neuroni ne muoiono parecchi al giorno, ma non ne nasce nessuno: il tessuto cerebrale é infatti privo di cellule staminali.

3. Ogni neurone produce un solo neurotrasmettitore, sebbene sia in grado di interpretare piú segnali.

4. All'interno del neurone l'unica parte di cui preoccuparsi é l'assone, quella lunga propaggine che finisce su un altro neurone. É qui, infatti, che parte l'impulso elettrico.

5. Alla fine dell'assone si trovano le sinapsi, che si occupano di tradurre l'eccitazione di un neurone in un codice chimico. In questo modo altri neuroni possono "leggere" il messaggio e regolarsi di conseguenza.

6. Il messaggio sinaptico viene inviato solo ai neuroni contattati tramite sinapsi.

Ebbene, tutte queste regolette si sono dimostrate false. Qui potete trovare l'ultima violazione del primo principio esposto: le cellule della glia fanno molto di piú di quanto si credesse!
Nascono nuovi neuroni non solo nell'epitelio olfattivo, ma anche nell'ippocampo, e il fenomeno é importante per la memoria (o meglio per l'oblio, magari ne riparleremo).
I neuroni possono produrre, a volte nella stessi sinapsi, piú neurotrasmettitori (uno é in genere un neuromodulatore, cioé ha un effetto piú debole ma piú generale).
Non solo l'assone, ma anche i dendriti e il soma (la parte dove si trova il nucleo) emettono potenziali d'azione.
Le sinapsi chimiche sono le piú diffuse, ma é emerso di recente che quelle elettriche sono molto piú comuni di quanto si credesse e possono essere responsabili dell'attivitá sincrona di grandi popolazioni di neuroni.
Infine, le sostanze rilasciate in una sinapsi possono diffondere e influenzare altri neuroni.

Insomma, un vero casino!

venerdì 20 giugno 2008

Il Morse dei neuroni

Dopo essermi addottorato, ho finalmente un po' di tempo per scrivere...

Avrete sentito mille volte negli ultimi anni annunci sui neuroni specchio (o simili, non è questo il punto adesso) e su come si attivano in risposta a delle sollecitazioni. Quello che non viene mai spiegato negli articoli divulgativi è il significato di questo termine: "attivato". E soprattutto non si spiega come si arriva a stabilire che un neurone è più attivo in certi momenti che in altri.

Esaminiamo più da vicino come comunicano i neuroni fra loro. Immaginiamo di impiantare degli elettrodi in un cervello, e di esaminare l'attività elettrica registrata, di solito tramite questa tecnica.

Quello che si osserva sono una serie di variazioni standardizzate del potenziale elettrico molto ampie e molto brevi, i cosiddetti potenziali d'azione. Quindi nell'assunzione (che non è un'ipotesi!) che il codice dei neuroni sia elettrico, si deduce che ciò che i neuroni si comunicano siano i tempi di tali potenziali d'azione.

È come se i neuroni, a intervalli più o meno, si lanciassero dei brevi segnali luminosi.

Uno dei problemi difficilissimi delle neuroscienze computazionali è quello, pertanto, di interpretare questi segnali luminosi. Riassumiamo il problema: si infilano degli elettrodi nel cervello e si registrano un certo numero di neuroni. Poi per ogni neurone si disegna un diagramma in cui su un asse c'è il tempo, e sull'altro si disegna una striscia nera nel punto corrispondente al momento in cui si è registrato un segnale: qui un esempio. Dopo aver fatto queste registrazioni, bisogna interpretare questo bizzarro codice Morse.

Ed è esattamente in questo momento che l'elettrofisiologo lascia il campo al neuroscienziato computazionale...

[...continua in una prossima puntata e si riassocia alla storia del neurone...]

venerdì 13 giugno 2008

Gusto personale versus sensibilità

Non so se è una moda bizzarra scoppiata solo dalle mie parti, ma pare che nell'allestire locali destinati all'uso pubblico vada molto, per "decorare" le pareti, Van Gogh: il pittore della disperazione!
Ora a mio umilissimo avviso prima di piazzare un quadro o un altro in un luogo pubblico bisognerebbe davvero valutare che funzione ha il locale in questione e che sensazione deve trasmettere alla clientela; e solo dopo questa considerazione scegliere quali autori sono eventualmente più opportuni.
Mi rendo conto del fatto che non tutti han studiato storia dell'arte, e ci mancherebbe; però certe cose si potrebbero avvertire anche "a pelle" con un pò più di attenzione e sensibilità. Prova vivente ne fu la famosissima Peggy Guggenheim, che non ha mai negato la propria ignoranza in campo artistico ma, con un pò di naso (e molti quattrini!!!) ha messu su alcune tra le più importanti raccolte d'opere d'arte al mondo...
Insomma, che i tratti del pennello di Van Gogh esprimano uno stato d'animo non propriamente sereno mi sembra decisamente evidente!!!!
Comunque, tutto iniziò quando, appeso sopra la testiera di una camera da letto (che dovrebbe favorire il "riposo", o al limite momenti "focosi"... ma mi auguro non sonni convulsi!), vidi Iris; e va beh: han giocato sul richiamo tra il colore dei petali e quello del copriletto. Giocata male, ma la abbuono.
Poi il pub: grande investimento nella nuova, ampia sala con le pareti dipinte di un caldo giallo oro... e, appesa alle stesse: una collezione di stampe dei quadri del buon Vincent. A che clientela è rivolta? A chi beve per dimenticare? O è un monito a non indulgere troppo nei vizi, recuperando la missione sociale del pittore (ma non necessariamente incentivando le entrate del gestore del locale)? Bah. Non capisco. Stavolta, con tutto l'oro che si può vedere nei Girasoli, l'accostamento dei colori come giustificazione non mi convince.
L'unico posto in cui, dopo un iniziale sobbalzo, ho rivalutato la presenza di Campo di grano con corvi - il testamento spirituale dell'autore! - è il Centro per l'impiego: vista l'attuale situazione del mondo del lavoro in Italia, non incoraggiare false speranze mi sembra una prova di (rassegnata) onestà!

giovedì 5 giugno 2008

Matrix

Negli ultimi giorni sono stato al nostro "ritiro spirituale" per neuroscienziati computazionali, e gli organizzatori hanno avuto l'interessante idea di invitare questo professore - che sarebbe anche questo.

Ci ha parlato degli ultimi sviluppi degli interfaccia neurali diretti, cioè di quei congegni tecnologici che, uniti a tecniche di analisi dei dati, sono in grado di decifrare (molto parzialmente) il pensiero e le intenzioni di una persona.

Si spera, ad esempio, di poter utilizzare tali interfaccia per poter comunicare con pazienti in pseudocoma

La cosa che ci ha raccontato è che mentre si stanno avendo (parziali) successi in molti campi, sembra impossibile fino ad ora utilizzare tali macchinari per comunicare con persone in pseudocoma.

Quello che mi ha più colpito è che lui attribuisce la mancanza di successi non ad una teconologia mancante o a tecniche di analisi dei dati carenti, ma ad una incapacità di comprendere la dinamica dell'apprendimento nell'essere umano.

La sua tesi, riassunta in poche parole, è che tali persone non riescono ad apprendere ad utilizzare gli interfaccia neurali perchè hanno disimparato ad imparare, essendo continuamente privi di un meccanismo che faccia loro vedere gli effetti causati dai loro pensieri.

Prima ho mentito: quello che mi ha più colpito è lo straordinario trasporto con cui ha parlato del suo lavoro e dei suoi pazienti.