venerdì 15 agosto 2008

Piani

"A man's real possesion is his memory. In nothing else is he rich, in nothing else is he poor." ~ Alexander Smith, Dreamthorp

Delle molte ipotesi circa vari aspetti della memoria, prendiamone una recente e fin troppo interessante.
L'ipotesi é di Daniel Schacter, uno dei piú noti studiosi della memoria dal punto di vista neuropsicologico: la memoria gioca un ruolo centrale nella pianificazione delle azioni.
La base ideologica ha a che fare con l'apprendimento: se imparo qualcosa, operazione per cui é necessaria la memoria a lungo termine, posso modificare il mio comportamento in accordo a quanto ho imparato. La base scientifica viene dall'imaging digitale con il quale si é riscontrato che le aree del cervello attive durante la memorizzazione e la pianificazione (o l'immaginazione pura e semplice di scenari futuri) sono largamente sovrapposte. Ulteriore sostegno sperimentale é garantito dall'osservazione che il normale invecchiamento impoverisce tanto la ricchezza e l'accuratezza della memorizzazione, quanto la ricchezza e il dettaglio della pianificazione.
Per giustificare questi dati é stata avanzata l'ipotesi di cui sopra: il futuro si pianifica sfruttando risorse mnemoniche. Ci sono delle alternative, naturalmente: le aree possono contenere popolazioni neuronali distinte con ruoli diversi e la risoluzione dell'imaging non é sufficiente a individuarle (un caso simile si é verificato per le cellule dell'ippocampo); é stato seguito un approccio sperimentale insufficiente a rivelare l'attivazione di alcune aree (es.: la condizione di riposo era inadeguata: con questi processi cognitivi grossolani non é mai facile districarsi. Questa ipotesi é studiata da una mia collega di dipartimento, che ha cambiato approccio, con risultati non entusiasmanti ma neppure trascurabili); ancora, le memorie e i piani condividerebbero un circuito comune, ad esempio quello necessario a creare uno scenario mentale oppure quello del mental time travel (leggete Tulving se volete approfondire). E via discorrendo, con: é nata prima la memoria o il piano? Ci sono legami evolutivi? Come viene determinata la dimensione temporale nel cervello? etc...

Da parte mia vorrei fare un'osservazione di carattere non strettamente cognitivo, quanto piuttosto emozionale/motivazionale. Pensate ai luoghi/tempi di cui avete molte memorie, e paragonateli con quelli che vi hanno lasciato molto poco. Perché vi hanno dato poco? Forse é solo una questione di durata temporale? Forse per via di brutte esperienze? Forse non le avete condivise con nessuno e lentamente questi momenti sono annegati nell'oblio? Forse la vostra attenzione era concentrata altrove, sul lavoro, o su altri problemi?
Qualunque siano i motivi di questa cattiva memorizzazione, forse descriverete quel momento della vostra vita come "vuoto", "poco importante", "grigio", "brutto", o vi sentirete semplicemente derubati. E qui viene la citazione di apertura: non abbiamo che la nostra memoria (immaginate un po' la vita di un amnesico...)
E ora: vorreste tornare in quel momento "grigio"? In quel posto? A quei giorni? Ne avete voglia? Provate nostalgia?
Personalmente, questo si applica ai mesi trascorsi in questa cittá: finora hanno avuto poco da dire. E non é curioso che in assenza di nostalgia non prendano vita neppure aspettative di alcun genere? Serve un passato pieno per avere un futuro pieno? Che sentimento é la nostalgia, che non fa parte di paura, rabbia, disgusto, gioia, insomma delle emozioni basilari? Che ruolo ha nella nostra vita? Come si é evoluto? Quali sono i mattoni cognitivi per l'instaurarsi del benessere? Il modo in cui giudichiamo il passato influenza il futuro? Come? Influiamo sulla nostra felicitá con il nostro raziocinio?
Buone vacanze.

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