mercoledì 6 gennaio 2010

Cattivi bambini

Non posso lasciarmi scappare l'occasione di pubblicare questo post proprio nel giorno della Befana, l'ultima chance concessa ai bambini a cui non è andata troppo bene a Natale, per fare vedere quanto siano diventati buoni nella settimana tra l'uno e l'altra.
L'ispirazione mi viene dal Nastro bianco, e dalle suggestioni letterarie del Signore delle mosche, mio libro prediletto per anni che mi è venuto in mente subito dopo la visione del film.
Il punto è a mio avviso questo: perchè gli adulti del film continuano a vedere - o a far indossare - ai bambini nastri bianchi (simbolo di purezza e innocenza), reali o metaforici che siano? E perchè nel contempo quegli stessi adulti sono violenti, bugiardi, egoisti, incestuosi? E perchè i bambini stanno - sembrano stare - al gioco?
Se non fosse stato necessario porsi la prima domanda, si sarebbe di sicuro risolta parte della trama. Se Michael Haneke non avesse sapientemente focalizzato il meccanismo deresponsabilizzante degli adulti che delegano la realizzzione di quanto è buono e puro agli adulti di domani (pur sempre radicati nell'oggi!), non ci porremmo la seconda. Se sforzarsi di corrispondere alle aspettative non fosse comportamento comune ai giovani esseri umani ancora dipendenti dagli adulti da cui, buoni o cattivi che siano, introiettano l'immagine di sè non ci porremmo la terza.
Il fatto è, e qui vengo all'intuizione letteraria di Golding, che all'immagine socialmente diffusa dell'infazia come status privilegiato pervaso dalla condizione di assoluta bontà e innocenza non corrisponde nessuna condizione ontologicamente determinata di effettiva, assoluta bontà. Non c'è quindi niente da "salvare", nè niente che possa esser "corrotto" dalla crescita o dall'ingresso nel mondo adulto.
Dirò di più. Se da un lato il pessimismo goldinghiano in merito al "particolare" status dell'infanzia e dell'adolescenza può sembrare esagerato, non si può negare, allargandoci da una singola fascia di età all'essere umano in generale, la compresenza di quello che viene comunemente definito bene e di quello che viene comunemente chiamato male (si veda in proposito questo contributo). Semplicemente, l'entità e manifestazione dell'uno e/o dell'altro variano in funzione di una serie di fattori, tra cui, pensando in funzione dell' l'età, troviamo anche l'esperienza.
Esistono quindi in noi diverse possibilità comportamentali, alcune semplicemente definite buone, altre definite cattive. Questo dovrebbe essere insegnato anche ai bambini che, non meno intelligenti degli adulti, ma semplicemente meno esperti della vita e dipendenti pertanto dagli adulti stessi, non possono fare a meno del filtro di chi costantemente li educa e dà loro l'esempio non solo per interpretare il reale, ma anche sè stessi (ricordate infatti l'importanza dei metamessaggi veicolati, attraverso il non verbale, con i messaggi impliciti).
Come avviene allora il passaggio, stavolta non agli occhi della società, ma nella mente dei piccoli adulti, dal fare delle cose cattive ad essere (o meglio: sentirsi) cattivi dentro (alias: uno dei dilemmi a mio avviso lasciati in sospeso dal film)?
Ecco, se stesse a me progettarne il sequel, coglierei la ghiotta opportunità per rigirare l'intero film, scena dopo scena, non in funzione della trama complessiva che emerge (anzi, sembra emergere, direi), ma ricostruendo su modello dell'analisi transazionale, personaggio dopo personaggio, i diversi copioni di vita... tra genitori normativi nelle varianti del "persecutore"(cioè una figura di riferimento che detta norme, divieti e giudizi ma non in funzione protettiva) e bambini adattati sottomessi o ribelli potrebbe anche non nascere una perla cinematografica, ma sicuramente ne trarremmo un cospicuo materiale didattico... Spesso capire cosa c'è dietro la realtà può esse più importante di discernere la realtà stessa. In questo senso per me non c'è nessun finale aperto: si vede quanto basta per intuire tutti i perchè che potrebbero rimanere in sospeso.

E ora, brutti bambini cattivi, finite il vostro carbone!

7 commenti:

Bluebeardburns ha detto...

Ciao Sovrappensiero,

mi interessa molto il discorso sulla pedagogia e sono molto lieto che tu lo approfondisca! Ci sono alcune cose che non mi sono del tutto chiare: io credevo che compito pedagogico primario dei genitori fosse definire per il bambino cosa è buono e cosa non lo è. La definizione non è in questo caso nominalistica, perchè corrisponde come minimo - se si scarta l'idea che esistano il Vero e il Giusto - a differenti utili. Ad esempio il comportamento x fa soffrire il bambino, quello y gli altri bambini, etc... Insomma non ho capito: pensi invece che dovrebbero fare altro?
L'affermazione che i bambini non sono meno intelligenti degli adulti mi pare generica. Cosa vuoi dire esattamente? In che modo l'intelligenza sarebbe coinvolta nel processo? Che tipo di intelligenza e misurata in che modo?
Infine non ho capito il tuo parere sulla questione, per me la più interessante, tra il concetto di fare cose cattive e sentirsi cattivi (o credere gli altri cattivi, perché giunti a una delle due conclusioni si approda facilmente all'altra).

Julie "Sovrappensiero" ha detto...

Dunque, per la prima domanda, immagino ti riferissi a questo passaggio:

"Esistono quindi in noi diverse possibilità comportamentali, alcune semplicemente definite buone, altre definite cattive. Questo dovrebbe essere insegnato anche ai bambini che, non meno intelligenti degli adulti, ma semplicemente meno esperti della vita e dipendenti pertanto dagli adulti stessi, non possono fare a meno del filtro di chi costantemente li educa e dà loro l'esempio non solo per interpretare il reale, ma anche sè stessi (ricordate infatti l'importanza dei metamessaggi veicolati, attraverso il non verbale, con i messaggi impliciti)."

Per aiutarmi a risponderti, potresti dirmi cosa non ti torna del brano sopra?
E, cosa che ti avrei dovuto chieder subito: hai presente il film? Se no, mi autorizzi a citarne delle scene (non vorrei "rovinarti la visione... non tutti voglion conoscere nel dettaglio la trama!).

Julie "Sovrappensiero" ha detto...

Nel passaggio citato includo anche il link :-)

Bluebeardburns ha detto...

Ciao Sovrappensiero,

il film non l'ho visto...
Tu affermi che alcune cose sono definite buone e altre cattive, e credo di capire che intendi dire che non è che SIANO buone o cattive. Dopo, comunque, asserisci che necessariamente il bambino vede il mondo filtrato dagli occhi dei suoi genitori.
Per me la conclusione logica sarebbe insegnare ai genitori a ragionare per definizioni piuttosto che per ontologia del bene e del male; tu, invece, concludi che bisogna insegnarlo ANCHE ai bambini. Cosa che non mi parrebbe degna di cotanta attenzione, se i genitori, appunto, ne fossero convinti.
Non mi è poi chiaro se l'esortazione sia rivolta: a) in favore del relativismo in generale; b) contro il giudizio della persona; c) in favore di una pedagogia che trascenda la trasmissione di valori; e varie altre possibilità suggerite forse più dallo stile che dal contenuto... :)

Lap(l)aciano ha detto...

A parte tutti i dettagli, mi sembra che il post sottolinei una domanda legittima: perchè la società moderna ha sviluppato il "culto del bambino"?

Preliminarmente: è vero questo, o no?

Sarei veramente interessato a conoscere le vostre opinioni in proposito.

Longbeard Cux ha detto...

Interverrò in maniera molto trasversale, sulla questione delle definizioni delle azioni del bambino o al contrario del suo modo di essere, in attesa delle risposte ufficiali di Sovrappensiero, e premettendo che non ho visto il film:



Scena: attività pomeridiana in una scuola elementare, dei bimbi fanno dei giochi tra di loro e con le maestre, giochi proposti da una psicologa, io sono lì come osservatore partecipante.

Una bimba fa una marachella, che non ricordo. Una maestra la rimprovera verbalmente, si avvicina a lei e un po' la culla fisicamente (quanto meno la abbraccia, non ricordo bene il resto), e spiega che lei (la bimba) fa così anche in classe, e che lo fa "perché è cattiva". La bimba fa una faccia che non riesco a descrivere ma ancora ricordo, a metà tra la compiaciuta/tranquillizzata e poi non so: triste? rassegnata? Io inorridisco, guardo sbigottito la psicologa, lei concorda con me, e mi inguaglia chiedendo alla bimba di domandarmi cosa ne pensassi.

La mia risposta? ...un po' di suspance... :D

Ad ogni modo, il mio orrore derivava dal vedere che un comportamento un po' birbante ma assolutamente normale ed anzi decisamente adeguato nel contesto di gioco in cui ci trovavamo aveva costituito lo spunto da parte di una figura chiave nel mondo della bimba per una sua definizione in termini decisamente negativi. Si tenga presente che la bimba non aveva infranto alcuna regola, era solo stata un po' esuberante.

Ora, uno spirito ribelle, contestatore, potrà anche reagire ad una definizione impegnandosi a tutti i costi per smentirla. In realtà però i bimbi tendono all'ubbidienza, a confermare le definizioni che si danno di loro e le aspettative delle loro figure di accudimento. Risultato? Una bimba che di tanto in tanto dovesse sentirsi dire che è cattiva magari neanche ci penserà su così tanto...ma provate a ripeterglielo per cinque anni, come farebbe una maestra, o per dieci, quindici, venti, come potrebbe fare un genitore...
...secondo voi alla fine quella bimba quando sbaglierà (come fanno tutti) penserà di "aver fatto un gesto/avuto un comportamento cattivo", e quindi di aver sbagliato e poter rimediare o quantomeno comportarsi diversamente in un'altra occasione, o di "essere cattiva/sbagliata", e che il suo comportamento non possa che discendere da questo suo modo di essere?

"Ma allora per avere bimbi buoni basta loro ripetere che sono buoni?", potreste dirmi...
...certo certo... ...provate a lodare incessantemente dei bambini anche per i loro errori e per le loro prestazioni assolutamente mediocri... :D


Ad ogni modo, alla bimba dissi (in termini molto semplici) all'incirca che no, che non era stata cattiva e che anzi secondo me "aveva fatto una cosa" originale e divertente, e che forse non ero il solo a pensarla così, che se si guardava attorno poteva vedere anche i compagni tutti divertiti...
...avrò contribuito a creare una piccola Bart? ...magari! ;)

Julie "Sovrappensiero" ha detto...

@ Longbeard Cux: hai assistito (e hai avuto la fortuna di intervenire, meno male!) a un caso da manuale, oltretutto spiegato in maniera perfetta, non potevo chiedere di meglio, grazie!
@ Laplaciano: per il culto del bambino non so molto. Posso darti delle dritte a livello storico, nel senso che nella nostra cultura occidentale almeno il bambino "nasce" intorno al '600. Prima gli infanti erano considerati piccoli adulti (vedi ad esempio l'iconografia medievale che rappresenta i bambini con viso - talora anche pelata! - adulto)oltretutto intellettivamente "minorati", e quindi poco considerati (oltre che scarsamente rilevanti sul piano affettivo, pare per la facilità con cui si moriva giovani: probabilmente era troppo doloroso affezionarcisi... finché non avevano fatto un pò di anticorpi!). Alla luce di queste considerazioni alcuni messaggi che per noi oggi sembrano "solo" un richiamo al candore e all'ingenuità in passato erano come minimo affermazioni rivoluzionarie. Penso in particolare a quando Gesù dice che dobbiamo essere come bambini: sarebbe come se oggi qualcuno ci dicesse che per essere a posto dobbiamo imitare i meno considerati nella nostra società. Un messaggio davvero sovversivo :-)