A volte cerchiamo delle cose e ne scopriamo altre decisamente più curiose. Stavo spulciando libri e siti per verificare alcuni dubbi in materia di disturbi psicosomatici quando incappo casualmente nella voce stipsi. Ma dai!, dico tra me e me, e inizio a leggere...
Dunque, la "metafora" a cui l'inconscio ricorre per esprimere, anzi, segnalare un malessere interiore ruota intorno al trattenimento agito dall'intestino. L'interpretazione sembra duplice: in un caso la stipsi cronica simboleggia avarizia (trattenimento esagerato per sè), nell'altro timore di perdere qualcosa o qualcuno a cui si tiene molto (ansia, appunto, di trattenerlo).
Particolarmente interessante è la conclusione Groddeckiana di vedere nella stitichezza "mentalmente indotta" un'atto di ostinatezza (cfr. in proposito questo post). Altri studi ritornano sul rapporto originario tra defecazione e senso di "successo", coprofilia (per approfondire questo termine leggete la voce "coprofilia e coprofagia" di questo articolo) poi inibita durante l'educazione (che trasforma l'evacuazione in un atto aggressivo e sporco). E' a questo punto che nasce l'associazione tra feci e pulsioni negative: l'intestino sembra al contempo respingerle e catalizzarle su di sè, ed è frequente che coloro che sono particolarmente pessimisti, amareggiati e depressi soffrano di una qualche forma di stitichezza cronica.
Riassumendo: come gli antichi aruspici anche noi dobbiamo esercitarci nella lettura di un mondo interiore (mai aggettivo fu più azzeccato): il nostro.
Ricordiamocelo prima di tirare lo sciacquone :D
[il commento "che post di m***a" non vale!]
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